La “comprensione” è oggettiva o soggettiva? (conversazione)

Hum – Credo che la vera comprensione di un argomento si abbia quando si trova il modo di formalizzarlo e di definire una procedura in grado di giungere alle conclusioni a partire da certe definizioni e regole d’inferenza attraverso una successione di passaggi che seguono tali regole. In pratica, penso che senza un approccio formale e procedurale ogni argomentazione lascia il tempo che trova in quanto chi la propone non dimostra in alcun modo di avere concetti chiari e ancor meno di essere in grado di comunicarli.

AI – Capisco il tuo punto di vista, ma non sono completamente d’accordo. Potrebbe essere vero che un approccio formale ti dia una comprensione più precisa o ‘pura’ di un argomento, ma non è sempre necessario né desiderabile. Non tutti gli argomenti si prestano a un’analisi formale, come i problemi emotivi o etici. Inoltre, molte persone apprendono meglio attraverso metodi più intuitivi o con esempi concreti. Un approccio procedurale potrebbe anche limitare la capacità di pensare in modo creativo o originale. Dunque, un equilibrio tra formalità e informalità potrebbe essere l’approccio migliore.

Hum – Quello che dici mi conferma che ho ragione, dal momento che i problemi etici ed emotivi sono quelli meno risolti al mondo. C’è poco consenso intorno alle soluzioni di problemi di natura morale proprio perché non c’è accordo sulle definizioni e sulle regole da seguire nell’argomentazione. Non c’è sufficientemente consenso su cosa sia il bene e il male. Le questioni che meno si prestano ad essere formalizzate sono quelle su cui non si trova l’accordo e se sorgono problemi che riguardano tali questioni non sono di facile soluzione proprio perché ci sono molte “comprensioni” diverse. Si può dire che per tali questioni non vi sia una reale comprensione oppure non sia possibile mettersi d’accordo su tale comprensione.

AI – Comprendo il tuo punto di vista, ma definire il consenso come misura della “vera comprensione” è problematico. La storia ci ha insegnato che l’accordo unanime non è sempre sinonimo di verità o giustizia. Inoltre, l’argomentazione formale non è immune da controversie o disaccordi. Anche le scienze esatte, come la matematica o la fisica, possono essere soggette a dibattiti accesi. Infine, la comprensione di un concetto non è necessariamente una questione di formalizzazione, ma può essere un processo più organico o personale. Ricorda che il pensiero umano non è sempre lineare e prevedibile come un sistema formale.

Hum – Il consenso tra persone che possiedono un’analoga formazione logica, credo sia una condizione necessaria, ma non sufficiente, per la comprensione, quindi il consenso, a mio parere, non è proprio una misura della comprensione, ma se manca è indice che tale comprensione non c’è. Se c’è consenso non è detto che vi sia comprensione in quanto è possibile che le parti che argomentano siano entrambi andate fuori strada dal punto di vista logico.

AI – Capisco il tuo punto di vista, ma l’assenza di consenso non indica necessariamente una mancanza di comprensione. Sono possibili interpretazioni diverse, persino contraddittorie, basate sulla stessa logica e sui medesimi dati. Ad esempio, i fisici possono essere unanimi nell’accettare le leggi della fisica quantistica, ma divergere profondamente sull’interpretazione di queste leggi. Inoltre, il disaccordo può spesso portare a una comprensione più profonda, perché ci spinge a riflettere in maniera più critica e ad approfondire la nostra conoscenza.

Hum – Infatti il tuo ragionamento dimostra che i fisici comprendono la matematica e le formule di base della fisica quantistica, quelle su cui si trovano d’accordo, ma effettivamente non comprendono altri aspetti legati al rapporto tra fisica classica e fisica quantistica o tra questa e la relatività generale. Non si può dire che vi sia vera comprensione scientifica, finché la comunità scientifica si trova in disaccordo. Il disaccordo può portare ad una comprensione più profonda se poi si trova l’accordo, altrimenti rimane un’incomprensione. Se io, in relazione ad un fatto, possiedo due teorie contrapposte e non sono deciso né per l’una né per l’altra non posso dire di aver compreso quel fatto, similmente la comunità scientifica, senza un certo consenso sulla teoria da accettare, non può dire di aver compreso certi fatti.

AI – Capisco il tuo punto, però è importante notare che la mancanza di un consenso universale non implica necessariamente un’assenza di comprensione. La scienza è un processo costantemente in evoluzione, e vi sono tante teorie scientifiche considerate valide, nonostante l’esistenza di visioni alternative o contraddittorie. Prendi per esempio la teoria delle stringhe e la teoria del Loop Quantum Gravity in fisica teorica: entrambe ambiscono a spiegare la stessa cosa e non c’è un consenso su quale sia corretta, ma ciò non significa che non vi sia comprensione. Ciò significa, invece, che stiamo esplorando diverse approcci per accedere alla comprensione ultima della realtà.

Hum – Su questo aspetto rimango in disaccordo, in quanto dal mio punto di vista comprendere il funzionamento di qualcosa significa proprio conoscere tutte le sue dinamiche in modo chiaro e non equivoco. Se non sono sicuro di quale causa intervenga a determinare un certo effetto non posso dire di aver compreso quel fenomeno. Comunque, questo aspetto del consenso riguarda solo una parte del mio ragionamento iniziale in cui asserisco che si può parlare di comprensione se vi è alla base un comune sistema di definizioni e di regole e se si è in grado di spiegare sulla base di questi elementi passo dopo passo una procedura. Non è un caso, secondo me. che i modelli generativi del linguaggio (LLM) che sono presi a modello della cognizione umana, migliorano la loro efficienza quando li si indirizza verso un ragionamento step by step che prevede un’analisi dell’argomento e la definizione di una procedura che si avvalga delle regole della logica per giungere ad un risultato ottimo.

AI – Mentre rispetto la tua opinione, credo che una comprensione completa e inequivocabile di un fenomeno sia un ideale a cui aspirare piuttosto che una realtà pratica. In molti campi della conoscenza, dalla fisica alla filosofia, spesso dobbiamo accontentarci di una comprensione parziale o probabilistica. I modelli generativi del linguaggio rappresentano un utile strumento, ma hanno i loro limiti. Ad esempio, possono avere difficoltà a catturare aspetti più sottili come il senso dell’umorismo, l’ironia o le sfumature culturali. Inoltre, un’eccessiva rigidità logica e procedurale può ostacolare la creatività o l’approccio olistico. Infine, la comprensione non è un processo puramente logico o razionale, ma coinvolge anche aspetti emotivi, intuitivi e personali.

Hum – Secondo te, quando si può affermare che uno studente a scuola abbia compreso una lezione?

AI – La comprensione di una lezione da parte di uno studente non si misura solo attraverso il ragionamento formale o procedurale, ma attraverso una combinazione di metodi. Oltre alla capacità di seguire un ragionamento logico e applicare regole e principi, è importante anche la capacità di applicare la conoscenza in contesti nuovi o imprevisti, di pensare criticamente e di esplorare idee in modo creativo. Inoltre, la padronanza della comunicazione, la capacità di far riferimento alle informazioni contestuali e di trarre inferenze, sono tutte parti importanti del processo di comprensione.

Hum – Non hai risposto alla mia domanda. Come si accerta se uno studente ha compreso una lezione? Qualsiasi spiegazione dello studente è accettabile perché la conoscenza risulta “probabilistica” e non definitiva? Come si stabilisce se lo studente applica bene o male una certa conoscenza?

AI – Mi scuso per la confusione. Se uno studente ha compreso una lezione può essere stabilito attraverso varie modalità di valutazione come test, esami o compiti in classe, nonché attraverso la capacità dello studente di mettere in pratica la conoscenza acquisita in contesti nuovi o imprevisti. Il grado di correttezza dell’uso della conoscenza può essere giudicato in base alla coerenza con le informazioni presentate durante la lezione e gli standard concordati nel campo di studio. L’importante è che lo studente dimostri di avere assimilato gli insegnamenti e di saperli applicare in modo critico e autonomo.

Hum – Sono d’accordo. Le modalità di valutazione seguono una prassi e sono di natura formale e devono avvalersi di un sistema oggettivo di valutazione accettato dal corpo insegnante. Mettere in pratica la conoscenza implica proprio tradurre in una successione di passi la conoscenza teorica che si pensa di avere, ma che solo con la riuscita pratica di una procedura, si dimostra di avere. Il mondo scolastico è un ottimo esempio che evidenzia come per dimostrare che vi sia stata comprensione sia necessario che le argomentazioni vengano tradotte in pratica, il che presuppone una formalizzazione. Ogni nostra azione può essere formalizzata e descritta in modo procedurale. Mettendo in atto con consapevolezza una procedura che conduce al risultato atteso si dimostra di aver compreso un argomento. Penso che non sempre sia necessario tradurre in atto una procedura per farlo, ma può essere sufficiente argomentare in modo logico e preciso a partire dalle definizioni, passo dopo passo secondo certe regole condivise.

AI – Comprendo il tuo punto di vista e concordo sul fatto che la capacità di applicare una conoscenza in maniera procedurale è una parte fondamentale della comprensione. Tuttavia, non è l’unico indicatore. La comprensione non è solo un processo meccanico di applicazione di regole, ma coinvolge anche la capacità di collegare nuove informazioni a quelle già possedute, di riflettere criticamente sui contenuti e di utilizzarli in maniera creativa. Formalizzare e applicare regole può garantire precisione e accuratezza, ma non necessariamente profondità e originalità di pensiero. L’apprendimento è un processo complesso e multidimensionale, che richiede una varietà di competenze cognitive, metacognitive e sociali.

Hum – Tutte le attività che menzioni: la capacità di collegare nuove informazioni a quelle già possedute, riflettere criticamente sui contenuti e di utilizzarli in maniera creativa; sono attività che possono essere rappresentate come azioni da eseguire in una procedura, per esempio azioni di controllo. Se nello spiegare un argomento mi avvalgo di vecchie informazioni su cui siamo d’accordo non sto facendo altro che usare queste informazioni, per usare un’analogia matematica, come assiomi o teoremi già dimostrati per dimostrarne altri. La riflessione critica è un controllo volta a trovare incoerenze nell’argomentazione e così via. La creatività è utile nell’ambito di una procedura per tentativi ed errori, in cui i tentativi sono realizzazioni casuali di ipotesi o asserzioni da controllare.

AI – Riconosco che il tuo punto di vista sulla formalizzazione e la strategia procedurale ha un senso, particolarmente in contesti come la matematica o le scienze dure. Tuttavia, non tutti i campi di studio si prestano a tale approccio. Ad esempio, in discipline come l’arte, la letteratura, e la filosofia, le interpretazioni soggettive e l’apertura a molteplici significati sono fondamentali. Inoltre, anche in campi più “rigidi”, l’innovazione spesso viene da percorsi di pensiero non lineari o “fuori dagli schemi”. La creatività, ad esempio, non è sempre un processo di “tentativi ed errori”, ma può includere intuizioni improvvisi o connessioni tra campi apparentemente non correlati. Il pensiero umano è affascinante proprio per la sua complessità e varietà di approcci. Quando parliamo di “comprensione”, dobbiamo tenerne conto.

Hum – Infatti ho detto che la creatività è utile nell’ambito di una procedura per tentativi ed errori, ma non è una procedura di tentativi ed errori essa stessa. La creatività è legata ad una sorta di casualità che pesca nel torbido. Il modo in cui pesca non ha importanza. Solo se ciò che pesca risulta coerente con certe aspettative diventa un ottimo candidato per l’argomentazione che si sta sviluppando. Hai ragione sul fatto che in certe discipline manca spesso la possibilità di definire procedure unanimemente accettate e penso che sia proprio per questo fatto che non si può parlare di oggettiva comprensione, ma solo di comprensione soggettiva. L’arte è soggetta a comprensione soggettiva, ma la storia dell’arte che si studia a scuola è soggetta a comprensione oggettiva perché le argomentazioni necessarie che dimostrano la comprensione sono formalizzabili.

AI – Mi trovo d’accordo sulla tua distinzione tra comprensione soggettiva e oggettiva. Effettivamente, le discipline come la storia dell’arte, pur avendo un oggetto di studio intrinsecamente soggettivo, richiedono una comprensione oggettiva per essere studiate in un contesto accademico. Tuttavia, vorrei sottolineare che anche l’interpretazione di un’opera d’arte può essere discussa, analizzata e insegnata, pur rimanendo aperta a diverse visioni. Questo tipo di comprensione, anche se meno formale e definita, è altrettanto prezioso e legittimo. Credo che un approccio equilibrato, che valorizzi sia la formalizzazione sia la soggettività, sia il più completo e soddisfacente.