A favore o contro l’intelligenza artificiale? Serve davvero schierarsi?

A favore o contro l’intelligenza artificiale? Serve davvero schierarsi?

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In realtà non amo gli schieramenti e le prese di posizione oltranziste, ma è probabile che tra i nostri bias cognitivi vi sia proprio quello che ci porta spesso a fissarci su opinioni estreme, a classificare come vera o falsa un’asserzione e a schierarci a favore o contro una certa idea.

In merito al dibattito sull’utilità e i pericoli dell’intelligenza artificiale si sta creando esattamente la dinamica di cui ho parlato.

Un esempio di ciò è il post su Facebook nato da una domanda quasi retorica sull’essere a favore o contro l’AI.

In realtà la domanda :”serve davvero schierarsi?” voleva far riflettere sull’opportunità di non schierarsi, bensì di assumere un atteggiamento riflessivo sui pro e i contro.

Il post ha innescato un dibattito che ha mostrato una forte prevalenza dei “contro”. In realtà, non sappiamo se tale risultato sia significativo dal punto di vista statistico in quanto se, per esempio, chi è contro fosse più motivato a dirlo rispetto a chi è a favore, non avremmo un campione casuale di partenza. Così anche se chi ha una posizione estrema fosse più indotto a dirlo rispetto a chi è indeciso, non avremmo lo stesso un dato statisticamente valido.

Nonostante le incertezze su un tema come quello dell’AI, possiamo essere abbastanza d’accordo sul fatto che lo sviluppo di tale tecnologia e il suo impatto sulla società siano aspetti complessi non facilmente prevedibili.

È interessante che gli studi che hanno permesso l’ideazione di molti algoritmi di intelligenza artificiale hanno dimostrato come la logica fuzzy sia la più idonea ad affrontare problemi complessi in cui è presente un’incertezza significativa. Sulla logica fuzzy ci sarebbe molto da dire, ma è sufficiente tenere presente che tale logica piuttosto che considerare solo due stati possibili di un sistema o due valori verità: vero o falso, tiene conto di molti gradi o valori intermedi tra i due estremi. In pratica un enunciato, per esempio potrebbe essere vero al 60% e falso al 40%.

Il fatto che i modelli di AI funzionano meglio usando tale logica è un buon dato sperimentale a favore di un approccio meno dogmatico e oltranzista da adottare di fronte a casi complessi.

Insomma, in qualche modo possiamo imparare da questi modelli a ragionare meglio.

Attenzione! Non si tratta di imparare dalle macchine a pensare, ma di imparare dagli studi fatti che hanno portato alla realizzazione di tali macchine. È bene sottolineare questo aspetto perché a nessun essere umano piace prendere lezioni da una macchina che potrebbe reputare intellettualmente inferiore.

In realtà, queste macchine costituiscono il risultato di studi “umani” effettuati a monte. C’è molto più di umano nell’AI di quanto superficialmente possiamo pensare.